di Umberto Cinquegrana
Giuseppe carissimo, ricordare fa bene: ricordare fa bene a te quanto fa bene a me. E io voglio ricordare. Voglio ricordare, molto succintamente, per sommi capi, davvero a volo d’uccello, il decennio degli anni Settanta vissuto assieme, assieme sofferto, assieme gioito, nel contesto del nostro comune luogo di nascita, Sant’Arpino.
È stato, quello, un decennio vissuto assieme intensamente con gioia, con genuinità, con spontaneità e con passione. È vero che si tende, istintivamente, a idealizzare il passato una volta che questo sia diventato ricordo, ma è vero anche – e soprattutto – che quegli anni sono stati magici per davvero. Abbiamo saputo ridere di tutto cuore quando se ne presentava l’occasione, come abbiamo saputo piangere, quando c’era da piangere, perlomeno nel nostro cuore, se la lacrima riuscivamo a inibirla.
Il senso della solidarietà, il mutuo soccorso, l’aiuto reciproco ci hanno sempre accompagnato lungo il cammino delle quotidiane esperienze. Parlo di te e di me, parlo di tutti gli altri amici del gruppo. E rivedo tutti noi, di nuovo tutti assieme, nel luogo più naturale, quale era la tua casa paterna, sotto lo sguardo attento, premuroso, vigile, amorevole e, all’uopo, anche severo di tua madre, sempre attiva e presente, anche quando era in compagnia forzata della sua sofferenza, dignitosamente vissuta e accettata.
Non abbiamo disdegnato il cinema, lo svago, il divertimento, per un opportuno recupero delle forze. Sempre bene accetta è stata una buona pizza, buona soprattutto perché consumata nella gioia dello stare assieme, in buona compagnia. Ma, quando giungeva il momento di lavorare, non ci siamo mai tirati indietro, non ci siamo mai risparmiati. Le riunioni, gli approfondimenti, le discussioni, i dibattiti: incontri di amici, incontri tra fratelli, incontri di reciproco arricchimento.
Momenti magici.