Rivista Persona

Il tempo della poesia, la pazienza del poeta: il mio incontro con Giuseppe Limone

di Giuseppe Limone

di Giuseppe Bagno

Ho conosciuto Giuseppe Limone come poeta prima che come filosofo e pensatore. Avevo 14 anni e mi trovai tra le mani un suo libro di poesie con una sua dedica molto speciale: «A Giuseppe che spero di reincontrare».

Sembrava un monito di speranza, un’attestazione di fiducia nei miei confronti.

Mi ricordo che a quei tempi avevo da poco iniziato a scrivere poesie: piccole liriche, che spesso lasciavo qua e là impresse su fogli di carta volanti, che spesso e volentieri perdevo. Quella dedica, però, fu per me il seme di una stima e di un’amicizia che col tempo, crescendo, avrebbe potuto germogliare, un confronto tra il maestro e un allievo, dove però il maestro in modo garbato si metteva a disposizione del suo allievo.

Sono passati quasi dodici anni e ancora adesso conservo gelosamente la mia preziosa copia autografata di quella raccolta.

Quelle pagine costituiscono per me non solo un ricordo, ma una fonte di ispirazione continua a cui poter attingere, perché come lui stesso mi disse, in un altro dei nostri tanti momenti di contatto che si sono succeduti in questi anni, «un testo irradia una testimonianza di chi si è sepolto in quella scrittura».

Giuseppe Limone si era sepolto in se stesso per poter un giorno far brillare le sue liriche che per anni avevano vissuto nel buio.

Ed è stato così che, in occasione della lunga kermesse di omaggio alla sua figura di uomo, di filosofo, oltre che di poeta, scelsi di leggere una sua poesia d’amore, Non so, che racconta del tentativo timido di un uomo di confessare il suo amore a una donna lontana e irraggiungibile. Quella poesia per me rappresenta il culmine della cultura e della vita di una persona che si dà all’oggetto desiderato in tutto e per tutto, in maniera incondizionata.

E io, un po’ come lui, mi ero sepolto nelle sue poesie per attingere da esse conforto e ispirazione.

Il tutto fatto sempre con pazienza e con spirito compassato, perché come dice sempre il buon Professore: «alle volte per scrivere anche un solo verso buono ci vogliono vent’anni, ci vuole pazienza», quella stessa pazienza che purtroppo molti giovani oggi non hanno o credono di non avere.

Ci vuole tempo per ogni cosa…, soprattutto per la bellezza.

Continua a leggere il saggio

ISCRIVETEVI ALLA NEWSLETTER